Kollettivo Autonomo Antifascista Verona
Apriamo spazi di pensiero critico
Editoriale – Costruire una vita diversa

“Nessuno è in grado di ipotizzare quali saranno gli atti concreti con cui la rottura rivoluzionaria si attuerà, e tanto meno è possibile rispondere alla domanda di coloro i quali ci chiedono l’esatta prefigurazione di quello che pensiamo di sostituire a ciò che dobbiamo distruggere. Quello che gli operai dovranno fare per abbattere il capitalismo modificherà la storia degli uomini in maniera tanto profonda che è pura ideologia prevedere quello che accadrà dopo. L’importante è, ora, piuttosto, vedere come si fa a distruggere quello che c’è.”

Oreste Scalzone

 

Per tutt* e per ciascun*, si ripropone in tempo di grandi rivolgimenti, la questione della pensabilità e praticabilità oggi di un’idea di rivoluzione.

È pensabile nel 2013 una rivoluzione a Verona? Ed è praticabile?

Al primo interrogativo è facile trovare risposta. Verona è una grande metropoli pienamente inserita nel contesto capitalista italiano, europeo e mondiale, governata da un sindaco tra i più conservatori e con la visione più retrograda possibile della società, dove il qualunquismo ed il più becero razzismo la fanno da padroni nell’indifferenza causata dal perbenismo e dal falso moralismo tipici della tradizione più bigotta del cattolicesimo. Nonostante tutto ciò c’è ancora chi non si rassegna, lotta per cambiare e pensa quotidianamente a nuovi possibili percorsi di conflitto. E finché ci sarà chi lotta, sarà pensabile una rivoluzione.

Per capire se sia o meno praticabile oggi, bisogna intendersi sul contesto e sulle forze in campo. Mentre, infatti, nel periodo e nel contesto normali la spontaneità delle masse è sufficiente, nei periodi di crisi si deve ricorrere a nuovi metodi, cioè a lotte graduali di avanguardie, organicamente legate alle masse e capaci di dirigere le lotte. In questo senso qualsiasi atto in grado di far indietreggiare, anche minimamente, il campo dello sfruttamento capitalista è un vero e proprio atto rivoluzionario. Ma un sistema di potere così collaudato (come il capitalismo) applicato con tanta rigida efficienza alla macchina amministrativa non viene certo giù in un colpo solo. E proprio per questo sono tanti, e diversi, i colpi che dobbiamo sferrare!

La “riconquista” (certamente più simbolica che politica) di piazza Dante da parte dei/delle giovani dopo la “battaglia” di 4 anni fa con la giunta Tosi è senz’altro un momento rivoluzionario. Puramente, e forse meramente, simbolico, ma di sicuro impatto comunicativo: LA LOTTA PAGA1069913_663824526979112_1344496775_n, UNITI SI VINCE!

Il sindaco voleva una piazza Dante vuota e silenziosa, a costo di ordinanze, minacce, multe, denunce, botte e ritorsioni: questa è l’unica battaglia cha HA PERSO! Perché quel fantastico spazio di socialità che era lo è ancora ed ormai i/le giovani hanno capito che le strade vanno vissute, le piazze frequentate, senza chiedere permesso a nessuno. LA CITTÀ È DI CHI LA VIVE!

Perché uno spazio di socialità libero ed attraversabile da tutt* come piazza Dante fu colpito con tanta violenza dalla repressione è abbastanza chiaro: la socialità declinata in un modo non direttamente controllabile (e monetizzabile) dal capitalismo è, per così dire, rivoluzionaria al quadrato cioè sia in sè e per sè, che per quello che può potenzialmente produrre: COSCIENZA ed ORGANIZZAZIONE. Siamo infatti convinti che solamente il conflitto (auto)organizzato sia in grado di apportare significativi avanzamenti del campo anticapitalista, come fu in quel caso.

Ecco quindi che miriadi di atti rivoluzionari concreti possono essere messi in atto andando a costruire autonomamente tutto ciò saremmo altrimenti costretti a pagare a caro prezzo al capitalismo, in primis la nostra felicità. Il senso della Zona Autonoma Temporanea è proprio questo.

E per non correre il rischio, concretissimo, di chiuderci in noi stessi a raccontarci favole utopiche su un mondo bellissimo ma inesistente, facciamo in modo che la nostra Auto-Organizzazione si espanda, non solo idealmente, oltre le nostre Zone Autonome. Misurarci con i bisogni (più che con i diritti) delle moltitudini che popolano le nostra metropoli. Mettere in pratica percorsi di Welfare autogestito per dimostrare che, appunto, con coscienza ed organizzazione è possibile costruire un futuro diverso, al di fuori del capitalismo. Dai problemi della scuola all’assistenza sociale, dal tempo libero all’arte: tutto è autogestibile e tutto deve essere autogestito.

Sappiamo di non avere risposte pronte e verità precostituite sulle quali adagiarci, ci confronteremo quindi con docenti, compagni e collettivi che, insieme a noi, vorranno trovare nuove strade possibili per il conflitto.

 

Kollettivo Autonomo Antifascista

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